La vendemmia del cinquantenario per la Vernaccia di San Gimignano si presenta con ottime aspettative

Organizzato dal Consorzio della Denominazione San Gimignano per celebrare i 50 anni della denominazione San Gimignano, il convegno “A cent’anni” porta il titolo della ricerca di mercato condotta dal prof. Alberto Mattiacci dell’Università la Sapienza di Roma presentata in questa occasione.
Passato e futuro si intrecciano negli interventi di tutti i relatori: cosa hanno significato e significano tutt’ora le denominazioni di origine, quale deve essere la loro forma e il loro compito nel futuro.
Letizia Cesani, presidente del Consorzio della Denominazione San Gimignano
Compito del Consorzio è riflettere sul futuro, per questo abbiamo organizzato questo convegno. Non vogliamo solo celebrare i primi 50 anni della Doc della nostra Vernaccia di San Gimignano e i secoli di storia che questo vino ha alle spalle, ma anche interrogarci sulle scelte da fare per affrontare in maniera vincente il domani.
Giacomo Bassi Sindaco di San Gimignano
Cinquant’anni fa San Gimignano ed il suo vino si fregiavano di un importante riconoscimento. Prima in Italia, la nostra Vernaccia ottenne il conferimento della denominazione di origine. Oggi, a mezzo secolo di distanza, quel riconoscimento rappresenta l’icona di come questa città, il suo territorio, la sua gente e il loro ingegno abbiano saputo avere uno sguardo lungimirante verso il futuro. A quel futuro brindiamo oggi ma alzando il calice e lo sguardo verso un altro domani e verso un altro traguardo. Il primo ringraziamento va proprio al Consorzio della Denominazione San Gimignano e alla sua eclettica presidente Letizia Cesani . In modo assolutamente non scontato hanno saputo valorizzare questa prestigiosa eccellenza sangimignanese portando nel mondo il valore, non solo di un vino, ma anche di un’identità che, proprio come l’antico vitigno della Vernaccia, affonda le radici nell’intelletto, nella fatica, nell’orgoglio della nostra terra e dei nostri produttori. Con questi presupposti l’amministrazione comunale sarà sempre in prima linea al fianco del Consorzio e dei produttori e di chi, in questi ultimi 50 anni, ha saputo creare, proprio intorno al nome di San Gimignano, economia e occupazione preservando il delicato equilibrio tra una campagna e una città medievale conosciute in tutto il mondo. Oggi brindiamo al cinquantennale, alzando calice e sguardo verso il secolo della denominazione di origine.
Riccardo Cotarella, Presidente di Assoenologi.
Le Denominazioni di Origine sono state uno strumento fondamentale per lo sviluppo del vino italiano, hanno contribuito alla crescita dei vini e alla loro promozione nei mercati, hanno indotto i produttori ad aggregarsi nei Consorzi e a divenire delle ‘comunità’ che seguono le stesse regole e disciplinari di produzione: hanno in due parole contribuito alla formazione della realtà vinicola italiana così come la conosciamo oggi.
Lo scopo di chi fa il vino è venderlo, per farlo occorre adeguarsi al mercato. Per questo i disciplinari devono essere dinamici, non statici e immodificabili, si devono evolvere insieme ai mercati.
Il disciplinare della Vernaccia di San Gimignano dimostra di esserlo: le rese per quintali ad ettaro sono diminuite nel corso di questi cinquant’anni in risposta al mercato che dal vino bevanda prodotto in grande quantità è passato alla ricerca dei vini di qualità. Lo stesso dicasi per il grado alcolico, anch’esso diminuito.
Il vino non è solo il prodotto più interessante dei nostri territori, è anche il più trasversalmente rappresentativo di tutta l’Italia. Ha legato in modo indissolubile certi vini al loro territorio di origine.
Non tutti i mercati sono attenti alle denominazioni di origine, in alcuni non sono capite.
Gli enologi hanno contribuito ad aumentare la qualità del vino italiano.
Mai come oggi ci sono stati tanti politici vicini al mondo del vino, il Palazzo del Vino voluto dal Ministro Martina all’Expo ne è una dimostrazione, nessun altro prodotto italiano in quell’occasione ha avuto uno spazio tutto per sé. I politici possono fare molto per migliorare la burocrazia del vino, oggi molto invadente, grazie a innovazioni come la digitalizzazione delle denunce e al Testo Unico. Stiamo vivendo un momento importante, di riscrittura delle regole che dovranno permetterci di essere adeguati al mondo di oggi e di domani.
Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc
L’unione fa la forza: i produttori nei Consorzi, i Consorzi nelle associazioni che portano avanti le istanze comuni.
Storicamente le denominazioni nascono dall’ origine geografica tipica: il vino di un certo luogo veniva “apprezzato” di più, nel senso che costava di più, rispetto a quello di altra provenienza. Ma con esse sono nate anche le frodi. Di qui la necessità di istituire le denominazioni per la tutela del vino e dei consumatori, a cui sono seguite nel 1992 le docg con un piano di controlli efficiente e coordinato.
Il 2008 è stato un anno importantissimo con la nuova OCM vino e la nascita delle DOP e IGP, istituite con lo scopo di portare a livello mondiale l’origine di un prodotto come valore pubblico da difendere in opposizione ai trade mark. Le Dop e IGP rappresentano dei patrimoni collettivi, in quanto tali è lo Stato stesso che li difende nei confronti della frode e contraffazione. Negli Usa non tutte sono riconosciute, quindi è necessario registrare i marchi per evitare i falsi.
Oggi però è necessario riflettere sul ‘sistema’ denominazioni: in Italia ci sono 595 tra Doc, Docg e Igt, di cui 75 Denominazioni producono più del 90% del vino. Le altre 450 sono troppo piccole, deve essere razionalizzata la loro capacità di rappresentanza. Perché quando in Ue e all’estero si fanno i trattati sulle denominazioni di origine è difficile tutelarle tutte, considerando anche che non siamo la sola nazione ad avere le denominazioni. Bisogna pensare a aggregazioni tra consorzi, magari portare più denominazioni sotto un solo consorzio dove possibile, pensare che certe denominazione molto piccole potrebbero essere inquadrate come sottozone di denominazioni più grandi. Proprio per una più semplice tutela internazionale. Basti pensare che in Usa, che sono il mercato del vino più importante del mondo, è necessario investire nella complessa e costosa registrazione dei marchi, perché certe denominazioni non vengo riconosciute.
Il mercato di domani è Internet, che sfugge alle regole ed è molto difficile evitare le truffe al suo interno.
E’ stato importante scongiurare la liberalizzazione dei diritti di impianto, evitando che si arrivasse ad un eccesso di offerta incontrollabile. Ma se la richiesta per nuovi impianti è stata di 66.000 ettari quando sono 6.000 all’anno quelli concessi all’Italia dal nuovo sistema delle autorizzazioni Ue (che prevede il +1% per Paese all’anno, ndr) significa che qualcosa non quadra.
Poi c’è il grande tema del web e dei domini .wine e .vin, quello della sostenibilità, e le riflessioni da fare sui disciplinari. Che non non sono immutevoli, anzi. Ogni disciplinare in uso oggi dovrebbe essere la base per pensare a quello di domani, tenendo ferme le identità, ma pensando che tante cose dentro e intorno al vino cambiano, dal clima, all’ambiente, ai mercati.
Due battute finali:
bevano gli uomini il vino, alla fonte gli altri animali
chi beve vino campa 100 anni!
Michele Antonio Fino, Università delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo
Le Dop sono nate dal vino, il concetto di denominazione vinicola allargato a tutti i prodotti alimentari.
Lo scopo fondamentale delle Dop è quello di tutelare i prodotti dei singoli territori riconosciuti come luogo di origine esclusivo, e a combattere le frodi.
Non sempre però è semplice la tutela. In alcuni mercati, come quello USA, i nomi delle dop diventano spesso ‘nomi generici’ che non possono essere tutelati: ad esempio nomi come “Chianti” o “Champagne” sono termini semigenerici, e quindi in teoria un produttore americano può scrivere “Chianti” o “Champagne” in etichetta” su un vino made in Usa. Di qui la necessità di registrare il marchio delle dop nei mercati esteri.
A volte la tutela è difficile perchè il nome della dop è realmente un nome generico, ad esempio ‘culatello’.
La Vernaccia di San Gimignano è ben protetta nella UE e sui mercati esteri, gli accordi Ttips prevedono regole per il riconoscimento delle Dop che la garantiscono, non esiste la possibilità che qualcuno avesse in uso il nome ‘Vernaccia di San Gimignano’ precedentemente all’istituzione della denominazione.
Se però la Vernaccia di San Gimignano diventasse molto famosa, nessuno può impedire che vengano impiantati vigneti con il vitigno Vernaccia nel resto del mondo, nessuna legge può impedirne la coltivazione perchè non ci sono limiti nel mondo a ciò che si può coltivare e allevare.
Ciò che si coltiva non è proteggibile, quindi il vitigno Vernaccia non lo è fino in fondo. Mentre lo è l’altra parola che compone il suo nome, “San Gimignano”, cioè la provenienza geografica, che rappresenta la vera identità di questo vino e la sua forza nel mondo, come peraltro è già per le grandi denominazioni (Bordeaux, Borgogna, Chablis, Montalcino, ecc.).
In risposta all’intervento di Riccardo Cotarella: le dop devono essere più intransigenti e dure del mercato, proteggere il vitigno e il territorio a prescindere dalle mode che sono volubili e possono nuocere ai prodotti.
Alberto Mattiacci, Università la Sapienza di Roma
La ricerca è iniziata nell’estate del 2015 con la raccolta di informazioni tramite interviste ai produttori, agli operatori (enoteche, bar, ristoranti, buyers, aziende di import-export), opinion leader e consumatori
La nostra ricerca descrive una denominazione il cui stato di salute effettivo è molto migliore di quello percepito, addirittura dagli stessi produttori.
La Vernaccia di San Gimignano, primo vino in Italia ad ottenere la denominazione nel 1966, nel 2016 è al decimo posto nella top ten dei vini bianchi autoctoni italiani, terza per prezzo medio alla produzione del vino sfuso tra i vini bianchi di fascia media, terza per notorietà presso il consumatore (67%,degli intervistati dalla ricerca Nomisma Vino la conosce), al nono posto nella vendita in GDO a maggiore crescita.
La notorietà presso il consumatore è un valore enorme, fare conoscere un prodotto al pubblico è il primo obiettivo di tutte le agenzie di marketing e comunicazione. Due consumatori su tre, se leggono o ascoltano un messaggio relativo alla Vernaccia di san Gimignano, sanno identificare il prodotto che possono poi ritrovare nei punti vendita.
Nonostante si trovi ad interagire con un ambiente competitivo, un mercato che privilegia i rossi e le bollicine, dove si pensa che i vini bianchi debbano essere aromatici e profumati, la Vernaccia di San Gimignano ha dalla sua caratteristiche che si trasformano in veri e propri punti di forza: è un vino bianco da tutto pasto, ha una forte presenza di prodotti biologici, ha una forte personalità che parla alla testa del consumatore, è longeva e migliora con l’invecchiamento.
Ci è bastato quindi esplorare a mente aperta il panorama di mercato per intravedere una prospettiva di rivitalizzazione di questo vino bianco che mi piace definire “bianco maschile: una nicchia, popolata da wine lover, con interpretazioni – biologiche e non – della Vernaccia di San Gimignano che parlano alla mente e ai sensi.
La Vernaccia di San Gimignano ha tutto ciò che serve per divenire, nel suo secondo cinquantennio di vita, un caso di successo: forte identità, ottima notorietà, buona presenza distributiva, un Consorzio che ha voglia di fare, sempre più ottime interpretazioni di prodotto. Le parole chiave della Vernaccia di San Gimignano sono tante: Toscana, denominazione, a tutto parsto, nicchia, biologico, Boccaccio,unica, wine lovers, adolescenza, longevità, autentica, sapidità, mare, antico….La Vernaccia di San Gimignano è tutto questo: una denominazione autoctona, antica, tipica, unica per storia e territorio, autentica, versatile, che rimanda al mare ma si sposa con la terra in cucina. Un vino non per tutti, ma per molti; una nicchia ‘attiva’, che la denominazione deve costruire intorno ai propri punti di forza, non una nicchia ‘passiva’, quella dove il mercato relega chi non riesce a comprendere.
Abbiamo intitolato questo studio “A Cent’Anni!” perchè crediamo nelle potenzialità di questo vitigno bianco, figlio unico della grande Toscana enologica
Paolo De Castro, deputato del Parlamento Europeo, presente con un messaggio video da Bruxelles
Compleanno importante, la Vernaccia di San Gimignano ha segnato insieme alle altre denominazione questi 50 anni di storia. Il futuro delle denominazioni del vino italiano passa per la tutela internazionale, su cui lavoriamo costantemente, sperando anche che alcune delle semplificazioni promesse dal Commissario all’Agricoltura Phil Hogan non diventino nuovi oneri.
Lettera del Ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina
Porgo i miei saluti alla Presidente Cesani e a tutti i presenti oggi.
Vorrei sottolineare in premessa l’importanza della ricorrenza che celebrate, con i Vostri cinquanta anni di storia e di grandi successi. Un percorso lungo mezzo secolo, in cui abbiamo assistito a cambiamenti decisivi per quanto riguarda il vino italiano. Dagli anni Sessanta, dalle prime Denominazioni di origine, allo scandalo del metanolo nel 1986 che segnò il momento più difficile del settore, fino ai giorni nostri, che ci vedono primi produttori a livello internazionale, con un export vinicolo da record pari a 5,4 miliardi di euro nel 2015.
Un anno che per tutto il Made in Italy agroalimentare ha segnato un punto di svolta, in cui grazie all’esperienza dei sei mesi dell’Esposizione universale di Milano abbiamo puntato i riflettori di tutto il mondo sul nostro patrimonio, raccogliendo risultati eccezionali come gli oltre 2,1 milioni di visitatori del Padiglione Vino.
Un successo che in particolare si deve al duro lavoro dei nostri produttori, alla loro capacita di innovare mantenendo forte il legame con il proprio territorio di appartenenza e con la tradizione. Una leadership ancora più evidente nel settore delle Denominazioni che rappresentano attualmente un terzo de] vino italiano, a cui si affianca un ‘altra realtà strategica come quella delle IG. Da questa angolazione dobbiamo pensare i prossimi 50 anni. Dobbiamo cioè, partendo dalla nostra cultura e dalle nostre peculiarità, riuscire a giocare un ruolo di guida anche nelle nuove frontiere, utilizzando al meglio le innovazioni più avanzate e mettendole al servizio del settore. II futuro passa dalla rete, dall’e-commerce e dai social media, canali che possono offrire opportunità incredibili per raggiungere i consumatori di tutto il mondo.
Ma per cogliere davvero queste opportunità, è necessario stare al passo con i tempi. Per questo investiremo 250 milioni di euro per portare la banda ultralarga nelle zone rurali, perché senza internet non c’é competitività. Con la rete tra San Gimignano, Tokyo e New York c’e un solo click di distanza.
Pochi giorni fa nel primo Forum dei Paesi europei produttori di vino, a Verona, abbiamo discusso di temi centrali per il settore come la riforma dell’Ocm, la sfida della semplificazione e del nuovo regime delle autorizzazioni per i diritti di impianto. Tutte scelte che saranno l’architrave per garantire la competitività e la crescita del vino europeo. Altro passaggio davvero decisivo, questo a livello nazionale, viene poi dal Testo Unico, che si aggiunge al Registro Unico dei Controlli.
Adesso dobbiamo guardare al futuro, capitalizzando il lavoro fatto finora e affrontare con strumenti giusti i mercati a maggior potenziale, come per esempio gli Stati Uniti. Perché l’obiettivo che abbiamo lanciato di raggiungere 7,5 miliardi di euro di export nel 2020 è a portata di mano. In questa sfida la Toscana e la Vernaccia di San Gimignano saranno assoluti protagonisti.
Certo dell’ottimo esito del Vostro convegno, Vi auguro buon lavoro.
Maurizio Martina
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